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Beatrice Bianchini
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Wake Up on Mars (’74)

beatrice bianchini
Pubblicato da in 2020 ·
di Dea Gjinovci

La vita trova sempre delle possibilità per aggirare la realtà, per velarla,
sostituirla, sempre con un piacere momentaneo di sollievo, ma sempre a
prezzo di una perdita reale di vita o di una malattia

(KARL JASPERS)

Un bambino rom di dieci anni sogna di costruire
un’astronave per recarsi su Marte.
Le sorelle sono le “belle addormentate” in una realtà
poco incantata e tuttavia surreale e crudele.
Non è un bell’inizio per una fiaba perché non è
una fiaba ma una straziante verità.
Questo documentario racconta la storia di una famiglia Rom
perseguitata in Kosovo, fuggita e richiedente asilo in Svezia. Quattro
figli, due maschi e due femmine affette da una malattia di recente
individuazione e ancora piuttosto misteriosa. Nominata in molti modi:
“malattia della bella addormentata”, “stato catatonico”, “apatia”,
esattamente UPPGIVENHETSSYNDROM, in inglese Resignation
Sindrome, ossia sindrome della rassegnazione che colpisce solo i figli
dei migranti in Svezia.
La cinepresa entra nella vita di questa famiglia molto unita che lotta
per aver riconosciuto il diritto di asilo.
Lo scandalo dei Rom in Kosovo riguarda circa 8000 cittadini di questa
etnia il cui insediamento viene saccheggiato e dato alle fiamme. Molti
di loro sono fuggiti per paura di essere attaccati dai kosovari albanesi
che accusavano i rom di collaborare con i serbi.
Alcune famiglie, tra le quali la famiglia di cui si occupa il film hanno
ricevuto inizialmente asilo per tre anni, successivamente sono stati
espulsi e una volta tornati nel loro paese perseguitati di nuovo.
Rientrati in Svezia stanno lottando per ottenere una cittadinanza
permanente e stanno affrontando il dramma della malattie delle due
giovani ragazze: Djeneta bloccata al letto da quando aveva 12 anni
seguita un’anno dopo dalla sorella Ibaneta. Entrambe incapaci di
alzarsi, nutrirsi o rispondere ad alcuno stimolo, alimentate con un
sondino naso-gastrico.
Il dramma che vivono i figli di queste famiglie è quello di essere
sempre in sospeso tra rinnovi e burocrazie e da questa tragica
instabilità scaturisce una forma di psicogenesi culturale,
un’alterazione delle funzioni psichiche dalle conseguenze profonde:
attraversare precariamente il mondo al seguito dei genitori mette a
dura prova la sopravvivenza e la psiche dei bambini e tale condizione
di precarietà legata alla scadenza dei rinnovi crea una estenuante
esperienza di fragilità.

Ciò che chiamiamo disturbo mentale può essere considerato un modo
“anormale” di reagire a una situazione normale: ma forse è altrettanto e
più giusto considerarlo un modo normale di reagire a una successione di
situazioni anormali

(GIOVANNI JERVIS)

Quanto la psiche incida sul soma è ormai cosa nota dall’intuizione
dell’inconscio freudiano agli studi della psicosomatica e al placebo,
tuttavia tale inevitabile connessione espone la scienza medica a
continue e sorprendenti patologie che sono il risultato di culture e di
realtà in costante cambiamento.
Da Jaspers in poi la psichiatria piuttosto che un catalogo di bizzarrie e
stravaganze comportamentali, come era in precedenza diviene uno
studio dei modi di essere espressi nei singoli vissuti della persona,
accolti senza inferenze interpretativo-teoriche, ma quali appunto
“fenomeni da studiare nella loro concretezza vissuta”.
La malattia raccontata dal documentario dipenderebbe
dalla scomparsa di un’armonia interna o di un ordine preesistente che
viene turbato e alterato ed è spesso un tentativo non conscio di dare
una risposta o risolvere un problema sul piano emotivo e mentale.
La relazione del governo svedese suggerisce il fatto che i bambini
apatici vengano da “culture olistiche”, dove è “difficile tracciare i
confini tra la sfera privata dell’individuo e quella collettiva”. Si sono
sacrificati per le loro famiglie perdendo la coscienza. “Anche se non
sono stati incoraggiati direttamente e non è stata data loro alcuna
direttiva”, afferma la relazione, “molti bambini cresciuti con il
pensiero olistico possono comunque agire secondo
le regole ’implicite’ del gruppo.”
Le linee guida si avvalgono della nozione di “senso di coerenza”
introdotta dal sociologo israeliano Aaron Antonovsky. Il benessere
mentale, teorizza Antonovsky, dipende dalla nostra convinzione che la
vita sia ordinata, comprensibile, strutturata e prevedibile. Antonovsky
suggerisce, come aveva fatto Freud, che la malattia psicologica nasce
dall’incoerenza del racconto, da una storia di vita che vira fuori rotta.
Una quotidianità faticosa e straziante quella vissuta da questa famiglia
che insieme ad altre deve relazionarsi con un vissuto patologico
ontologicamente contemporaneo; l’individuazione di disturbi che
siano il risultato di morbi cum e sine materia che solo la psichiatria
fenomenologica aveva da tempo intuito sottraendo la ricerca della
cura al mito positivistico di una esaustiva risoluzione nell’ambito
della patologia cerebrale e ad una sua totale sudditanza alle scienze
neuro-patologiche, aprendo così la strada a un approccio più
propriamente antropologico nello studio delle malattie mentali.
L’esigenza di sapere cosa provano gli esseri umani nelle loro
esperienze e come le vivono: avvicinarsi ai vissuti dell’altro con uno
sforzo di immedesimazione costante e consapevole attraverso il
valore dello strumento “empatico” per poter rivivere l’esperire altrui.
La GIinovci, ci fa riflettere a lungo su questi temi, inseguendo, per anni,
con la sua telecamera un vissuto familiare che riflette un realtà
sociale-politico-economica ormai globale: quali e quante saranno tutte
quelle psicopatologie che questo mondo produrrà nel corso degli anni
a venire e che desteranno lo stupore della psichiatria, come
l’individuazione della sindrome della rassegnazione?
Quali e quante saranno tutte quelle psicopatologie che questo mondo
produrrà nel corso degli anni a venire che susciteranno ancora
perplessità, dubbi, interpretazioni, diagnosi e domande di fondo se le
forse motrici della storia continueranno ad essere di natura
capitalistica e se tale patologia socio-economica è strettamente
relazionata con le patologie alle quali siamo esposti?

Molto spesso il disturbo mentale è l’unica libertà rimasta a chi non ha
libertà: il modo di capire di chi non è stato messo in grado di capire
altrimenti: l’unico potere di chi non ha potere

(GIOVANNI JERVIS)



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